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23 febbraio 2023

Soldati che hanno fatto la differenza

 



Un uomo un "Soldato" un "Mito"
Maresciallo Claudio Parodi



Omaggio al
Maresciallo Claudio Parodi




Una pietra miliare del Reggimento del Battaglione San Marco e Lagunari parte di ognuno di noi Fanti del San Marco e Lagunari.







    
Giorno di lutto per la Brigata Marina San Marco e ancor di più per quello che fu il Battaglione San Marco: è morto a 74 anni il primo maresciallo Claudio Parodi, originario di Como, ma una vita trascorsa nella base di Brindisi e in giro per il mondo con la mimetica del San Marco. Proveniente dai Lagunari dell’Esercito, capo Parodi ha partecipato nel 1982 e nell’83 alle operazioni “Libano 1 e 2”. Il 15 marzo del 1983, nel corso dell’operazione “Libano 2” con la Forza multinazionale di Pace, Parodi venne ferito a Beirut durante un servizio di pattuglia.     Nell’attentato morì a 20 anni, dopo due giorni di agonia, Filippo Montesi, militare di leva del San Marco, raggiunto da una scheggia alla spina dorsale, e due commilitoni di Parodi, Luigi Fiorella e Salvatore Conciari, subirono serie lesioni. Da quel giorno Parodi aveva voluto mantenere, in forma privata, uno stretto rapporto con i genitori di Montesi, raccogliendosi spesso in preghiera davanti alla tomba del figlio, e con Fiorella, che nell’attacco perse l’uso delle gambe. Negli anni successivi aveva partecipato a tutte le missioni all’estero del San Marco in     Somalia, Sarajevo, Kosovo e Iraq. Era quindi tornato ai Lagunari con il compito di addestrare le nuove leve del Reggimento.
Parodi, dopo 40 anni di servizio, era andato in pensione nel 2007. Ma il suo cuore ha battuto sino all’ultimo sotto l’insegna del Leone del San Marco.

Per mare, per terram.



IL GAZZETTINO - edizione di venezia del 27/4/22 - MARCON

«Se n’è andato un mito e un grande comandante, che ha sempre incarnato lo spirito del vero lagunare». Viene ricordato così il luogotenente Claudio Parodi, scomparso sabato a Gaggio all’età di 74 anni. Una figura molto nota all’interno dell’Associazione lagunari e truppe anfibie, di cui negli ultimi sei anni è stato istruttore, dopo un’intera carriera con le stellette coronata da numerose missioni militari di pace all’estero, dal Libano all’Afghanistan.
Nato a Como il 22 marzo 1948, nel 1967 aveva frequentato il 7. corso Allievi sottufficiali nella Scuola di Viterbo, per opoi completare la formazione iniziale nella Scuola truppe corazzate di Caserta nella Scuola di fanteria di Cesano di Roma e nella Scuola militare di paracadutismo di Pisa.
Nel 1969 era stato assegnato al reggimento Lagunari Serenissima nel battaglione Isonzo, con l’incarico di comandante di squadra assaltatori. Negi anni successivi aveva completato la specializzazione al corso di fotointerprete (oggi eseguito con l’utilizzo di droni) alla Scuola di aerocooperazione di Guidonia e al corso antisabotaggio nella Scuola del Genio di Roma. Nel 1975 era quindi approdato al battaglione San Marco di Brindisi e da qui alla compagnia Fucilieri di Marina.
Con il battaglione San Marco aveva così partecipato a tutte le attività addestrative e alle operazioni di soccorso in pubbliche calamità (nel terremoto in Friuli e in Campania) e di mantenimento della pace nei teatri di guera più delicati del pianeta. In Libano e in Somalia era stato ferito in servizio di pattuglia: per l’azione in Libano aveva ricevuto la Croce al valore militare. Nel 1995 era infine rientrato al reggimento lagunari Serenissima a Malcontenta come comandante di plotone fucilieri e nel 2000 assume l’incarico di sottufficiale di Corpo del reggimento. In questa veste aveva partecipato alle missioni militari in Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Iraq e Libano. Nel 2007 aveva lasciato il servizio attivo per raggiunti limiti d’età.
«Vista la sua grande esperienza e il suo modo di fare – ricorda Alberto Bortoletto, capitano in congedo del reggimento Lagunari Serenissima – poteva essere molto serio e inclusivo nel trasmettere i rischi che si possono affrontare sul campo di operazione». I funerali avranno luogo oggi, alle 15.30, agli impianti sportivi di Marcon. Eventuali offerte saranno devolute in favore di Avapo.
Filomena Spolaor



IL Corriere del Veneto

«Una roccia che infrange, una marea che travolge», così i suoi commilitoni raccontavano il primo maresciallo luogotenente Claudio Parodi, uomo simbolo del corpo dei Lagunari, che in quarant’anni di servizio ha saputo incarnare più di chiunque altro lo spirito del vero «fante da mar». Parodi si è spento nei giorni scorsi, vittima dell’unica battaglia che non ha potuto vincere pur avendola combattuta con il suo solito coraggio, quella contro la malattia. Era nato a Como, ma la sua vita era la laguna, non certo il lago: viene assegnato al reggimento Serenissima nel 1969, come comandante di squadra assalitori; nel 1975 è trasferito al battaglione San Marco e diventa fuciliere di Marina con l’incarico di comandante di squadra pionieri, partecipa a diverse operazioni di soccorso (come i terremoti in Friuli e Irpinia) e di pace (Libano e Somalia lo vedranno ferito ma gli varranno anche la croce al valor militare). Nel 1995 rientra al Serenissima e nel 2000 assume l’incarico di sottufficiale di corpo del reggimento. Anche qui finirà spesso «fuori area»: in Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Iraq e ancora Libano. «A volte era duro, severo, ma era il suo ruolo — ricorda l’amico e commilitone Alberto Bortoletto—- Si comportava così perché voleva che i suoi ragazzi fossero pronti a tutto: lui aveva visto ogni ambiente, ogni teatro, ogni eventualità e voleva che tutti potessero far tesoro della sua esperienza».

Autobus pieni per l’ultimo saluto

Nel 2007 ha lasciato il servizio attivo per raggiunti limiti d’età. A 74 anni, Parodi aveva trascorso più tempo con addosso la divisa che senza, pure dopo il congedo ha continuato a impegnarsi con l’associazione dei veterani lagunari Alta e come istruttore dei corsi anfibi. Ma non solo: come detto, negli anni ha attraversato molti Paesi in difficoltà, le sue missioni lo hanno spinto a scoprire diverse regioni in crisi e soprattutto a conoscere chi le abitava; anni fa, ancora in servizio, lui e la moglie decisero di adottare un ragazzino africano e di fornirgli un tetto e un sostegno in Italia. La coppia aveva deciso di fare la stessa cosa una seconda volta, appena pochi mesi fa, mettendosi a disposizione di una Onlus specializzata nelle adozioni (e Maria Grazia aveva potuto conoscere nel suo lavoro). La personalità e la generosità di Parodi saranno ricambiate da tutta Italia: ai funerali organizzati a Marcon il 27 aprile agli impianti sportivi sono arrivate circa 2.500 persone. Autobus pieni partiti dalla Puglia per venire a porgere l’ultimo saluto al «capo» Claudio Parodi.



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Duilio Bernabei (un grande)




Non basta un abito per fare un monaco,
non basta nemmeno una divisa per fare un soldato.








Questa volta si parla di due soldati, due marescialli, il cui ricordo è scolpito nella memoria di chi li ha conosciuti nella foto Claudio Parodi (con l'elmetto) e Duilio Bernabei (col basco) Soldati Così come non basta un abito per fare un monaco, non basta nemmeno una divisa per fare un soldato. La mimetica era uguale per tutti ma i meccanismi mentali non erano gli stessi e nessuno di noi (aspiranti) marò sarebbe stato un soldato vero, fino a che non ci fossimo imbattuti in un esempio che ci avesse fatto capire cosa significasse meritare una divisa militare come quella del San Marco.
Fino a quel momento i soldati li avevamo visti più che altro nei film, e il nostro modello di militare era un attore che fingeva, tutto lì.
Poi in un film ci siamo entrati quando un pullman della Marina ci ha portato all’isola di Pedagne, alla periferia di Brindisi, una roccia piatta e brulla collegata da un nastro di cemento alla terraferma. 
Duecento metri di ponte che ci hanno sbattuto in un universo parallelo, e la vista di quell’isolotto spelacchiato, che sarebbe stato la nostra caserma per l’addestramento, ci ha indotto a pensare che la vita è piena di imprevisti con i quali non avevamo fatto i conti.  
Lì le reclute come me venivano a conoscenza dei Soldati (si, la esse è maiuscola), e tra quelli che si meritavano la esse maiuscola, ci fu facile capire chi poteva fregiarsela.
Pizzetto e voce sicura che non ammetteva repliche, i marescialli Duilio Bernabei e Claudio Parodi portavano attorno a sé l’aura della santità militare. Si parlava di loro con deferenza assoluta e venivano sempre citati assieme, con la doverosa devozione dovuta al loro alone di leggenda. Duo solidale e indivisibile, per noi marmaglia soldatesca erano Parodi&Bernabei, pronunciati entrambi in un’unica parola.
Atteggiamento marziale, burberi ma umani, inflessibili ma comprensivi, occhi verso l’infinito, si muovevano sempre come se fossero su un campo di battaglia, e che al loro via si sarebbe scatenato l’inferno, anche meglio di come voleva Massimo Decimo Meridio. 
Simili ma differenti: Bernabei era straripante di parole, Parodi le misurava, Bernabei aveva gli occhi accesi e fulminanti, Parodi aveva uno sguardo di vaga cupezza che ti scavava dentro, Bernabei ti insultava con la voce mentre Parodi lo faceva riducendo gli occhi a due fessure. 
Ci mettevano soggezione ma erano i nostri supereroi, con loro non poteva succederci nulla di grave, guidavano le pattuglie tra i dedali delle vie di Chatila con il passo sicuro di chi padroneggia la situazione. Esplosioni e raffiche che arrivavano vicino ci facevano buttare a terra, mentre loro rimanevano in piedi accennando solo un piccolo moto di fastidio, cercando con gli occhi da dove provenisse la minaccia. Erano infaticabili e totalmente ligi al loro dovere, come mai avevo visto fino ad allora, per me che provenivo da una gioventù oziosa e dotata di scarsa determinazione.
Li ho incontrati per la prima volta a Pedagne, mentre facevo la guardia alla sbarra oltre la quale si accedeva all’isola. Proprio quella che qualche settimana prima ci aveva proiettato in un mondo a noi sconosciuto.
Era aprile caldo di un caldo pugliese, e nel silenzio del pomeriggio arrivano loro due. Mi salutano appena, perché attorno a loro c’è ancora Beirut, e non Pedagne.
Parodi e Bernabei erano appena tornati dalla missione libanese, ma già scalpitavano per ripartire. Bernabei, più attento all’efficienza fisica di Parodi, si arrampicava e ridiscendeva dalla garitta in cemento per mantenersi in esercizio e diceva “Claudio, bisogna ripartire, dobbiamo tornare tra i proiettili di Beirut, qui mi annoio troppo”. Io ero solo un opzional nella loro conversazione, ed ero sorpreso di come mi fossi imbattuto in una frase che poteva somigliare a quella pronunciata dal capitano Willard, in Apocalipse now, quando sentiva la nostalgia del Vietnam. 
Parodi annuiva serio. Si volatilizzarono nella calura del pomeriggio.
Ci saremmo ritrovati di lì a qualche mese proprio tra le macerie di quella città tormentata e trafitta da milioni di colpi di arma da fuoco, luogo dove i nostri due marescialli si trovavano assolutamente a proprio agio, tra i pericoli che non mancavano mai.
Bernabei era sempre ridondante di azione, di parole, strenuo difensore del concetto di disciplina e estremamente informato sui fatti che avevano portato il Libano verso la guerra civile. Citava Arafat e gli imam, gli israeliani Begin e Sharon. Conosceva le implicazioni politiche ed economiche che avevano portato al conflitto libanese. Anche Parodi era un profondo conoscitore delle intricate trame mediorientali, ma con una nota diversa: lui era, ed è, un intellettuale, un esperto di guerra e della storia delle guerre, era la persona che si poteva permettersi lunghe conversazioni con Oriana Fallaci sulla nave che ci portava in licenza verso Cipro, per poi volare in Italia. E forse gli avrà raccontato anche di quella volta che posò la sua mano sulle spalle di una icona beat, John Lennon, nel 1967.
Irruento Bernabei, ferocemente pacato Parodi, guidavano i loro team con magnetismo e consumata maestria tra le mille insidie dei vicoli di Chatila. Parodi riuscì a mantenere la calma anche quella terribile notte nella quale comandava la pattuglia motorizzata, assaltata dalle milizie arabe, nell’agguato in cui perse la vita Filippo Montesi e venne ferito gravemente Luigi Fiorella.
Lui, quella notte, fu la persona che diede coraggio al suo team, con la fermezza di chi conosce il suo ruolo e sa che la calma di un capo può essere trasmessa a chi ne ha bisogno. E di quella notte porta ancora i segni sul suo corpo.
A modo loro ci hanno spiegato la vita, che va attraversata con coraggio e determinazione. Grazie a loro i vicoli bui ci hanno fatto un po’ meno paura.
Dopo Beirut
Bernabei e Parodi erano due sottufficiali dell’esercito prestati alla Marina Militare, in quanto allora nel Battaglione San Marco erano inclusi graduati di terra e di mare. Qualche anno dopo la conclusione della missione a Beirut, entrambi entrarono nel reparto dei Lagunari (che spesso viene confusi col San Marco, reparto di marina, mentre i Lagunari sono un reparto di fanteria anfibia d’assalto, simili ma non uguali). 
La loro carriera ha visto prendere le strade più pericolose e difficili, partecipando a quasi tutte le missioni all’estero nelle quali erano impegnate le forze armate italiane. Parodi era presente nelle insidie di Mogadiscio, i pericoli di Nassiriya, tra le velenose faide dei Balcani, di nuovo in Libano a Ma’ Rakah, nel sud del paese.
Bernabei portò il suo carisma di soldato in Afghanistan, in Iraq e nel sud del Libano, ma prima riuscì a diventare ufficiale, per chiudere la sua carriera da Colonnello. 
Oggi Parodi&Bernabei sono due guerrieri che si riposano. Il termine “pensionati” non gli si addice, e provo un vago sgomento solamente a scriverla questa parola, pensando a loro…

Riferimento:


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40° Anniversario scomparsa di Filippo Montesi

Le circostanze della scomparsa di Filippo Montesi, Nato a Fano: 11 Maggio 1963 / Morto: a Roma 22 Marzo 1983, Marò di leva del 3°/82 – Marina Militare arruolato nel battaglione San Marco.
Il 15 marzo 1983, durante la missione di pace denominata “ITALCON Libano 2”, Filippo Montesi venne colpito alla schiena mentre si trovava in azione di pattugliamento notturno nei pressi del campo di “Sabra” alla periferia ovest di Beirut (Libano) sconvolta da una lunga guerra civile. Trasportato all’Ospedale Militare del Celio a Roma a seguito delle ferite riportate nell’imboscata al mezzo sul quale viaggiava, spirò il 22 marzo 1983. Ai suoi funerali presenziò anche l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini che assegnò la Croce di Guerra al Valor Militare alla memoria di Filippo con la seguente motivazione:
“Militare del contingente di pace nel Libano, in servizio di pattugliamento notturno, veniva attaccato con raffiche di mitra e lancio di bombe. Ferito gravemente in più parti, dando prova di abnegazione, incitava i commilitoni a reagire, invitandoli a non curarsi di lui”
(Beirut 15 Marzo 1983).

Alla memoria del giovane Caduto sono state, nel tempo, dedicate:
– il locale Gruppo dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia (A.N.M.I.)
– una via nel quartiere Sant’Orso di Fano
– lo stadio comunale di Sant’Orso
– una sala del Consiglio comunale di San Costanzo
– una lapide presso la caserma “Rossetti” alla Cecchignola di Roma
– la “Sala M/BSM Filippo Montesi – Fuciliere di Marina del Battaglione San Marco” nel Palazzo Salviati in Roma, sede del Centro Alti Studi per la Difesa
– l’Aula Magna della Caserma “Carlotto” di Brindisi, quartiere generale della Forza da Sbarco

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Incontro dei “Marò” del Battaglione San Marco in ricordo della prima “Missione di Pace Libano 1982 – 1984”

Lunedì 16 Settembre, dopo 37 anni, presso il Castello della Marina Militare di Brindisi, è avvenuto il primo incontro dei Marò del Battaglione San Marco, che parteciparono alla missione di pacein Libano (Beirut), negli anni 1982-1984, a seguito della strage, nei campi Palestinesi di Sabra e Chatila, da parte dei Miliziani della Falange Libanese, con la colposa complicità delle truppe di Ariel Sharon, allora, Ministro della Difesa Israeliano, dove persero la vita 900 persone, soprattutto, anziani, donne e bambini.
Fu la prima missione di pace, in zona di guerra, dopo il 1945.
Un’inaspettata operazione militare, che, all’improvviso, coinvolse la Marina Italiana, il Corpo Militare del Battaglione San Marco, le famiglie dei militari e la città di Brindisi, che fu invasa da troupe televisive e giornalisti.
La comunicazione della partenza arrivò appena 24 ore prima.
Il 22 settembre 1982, le Navi Caorle e Grado salparono dal porto di Brindisi, dopo aver imbarcato, in brevissimo tempo, mezzi e uomini alla guida del Comandante del B.S.M Pier Luigi Sambo, “il guerriero buono” dal grande carisma, che, nonostante non sia potuto intervenire alla cerimonia, ancora oggi, i suoi uomini ricordano con orgoglio e stima.
A poche ore dalla partenza, tutti i mezzi di comunicazione commentavano così “Le navi Caorle e Grado, con a bordo i Marò del B.S.M., hanno lasciato il porto di Brindisi, destinazione Libano.
La Forza Multinazionale, in nome della pace, ha il compito di presidiare quel territorio, proteggere la popolazione ed i campi Palestinesi di Sabra e Chatila… e proprio da Brindisi dove tutto cominciò, dopo 37 anni, l’incontro di oltre 200 partecipanti, con le loro famiglie, ha rievocato quella missione, rinsaldando, ancora di più, quel legame affettivo mai perso.
Alla cerimonia, l’Ammiraglio Cesare Bruno Petragnani, Comandante della Brigata Marina San Marco, è intervenuto con parole di ammirazione nei loro confronti, come esempio da trasmettereai giovani militari, in servizio oggi.
Non sono mancate le foto ricordo di chi ci ha messo il cuore, in quella missione, che li vide partire ragazzini e tornare uomini, carichi di un’esperienza umana e forte da un punto di vista emotivo, rimasta indelebile nel tempo.
Questa riunione è stata la dimostrazione autentica, che certi valori sono indissolubili, come indissolubili sono l’affetto e l’amicizia tra le famiglie, le mogli e i figli rimasti, allora, a casa, ad attendere.
Una giornata ricca di emozioni di ricordi, aneddoti e commemorazione di episodi tristi, di chi fu ferito, di chi perse la vita, come il Marò Filippo Montesi, la cui mamma ha fatto pervenire una lettera commovente, di una straordinaria compostezza ed infine il ricordo di chi, in questi anni, è andato via, dove il vuoto di ogni nominativo evocato, è stato riempito dal grido accorato “PRESENTE” dei suoi commilitoni ( dei suoi Fra’ nel loro gergo).
Un ringraziamento è andatoall’Ammiraglio Petragnani e a tutta la Brigata Marina San Marco, per il fattivo supporto, per la disponibilità, relativa alla visita della Caserma Carlotto, arricchita dalle suggestive dimostrazioni addestrative e per l’accoglienza nella splendida cornice del Castello Marina.
Un ringraziamento è andato, infine, al Comandante Fabrizio Maltintie al Capo Vincenzo Cairo, organizzatori della manifestazione.

di Giulia Cesaria





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LA BRIGATA SAN MARCO SEMPRE PIÙ SPECIALIZZATA. IN ARRIVO DUE BASCHI VERDI DEI ROYAL MARINES, UNO È MESAGNESE


La Brigata Marina San Marco acquisisce due nuove figure altamente specializzate. Si è concluso lo scorso 10 novembre il duro e prestigioso percorso per l’ottenimento del “basco verde” simbolo della specialità ”Commando” dei Royal Marines inglesi. Daniele Rigliano mesagnese e Luca Guerra di Castellamare di Stabia, sono i primi giovani ufficiali della Marina italiana ad aver affrontato e conseguito, questo importante traguardo. Al termine di 14 mesi caratterizzati da prove fisiche e insegnamenti tattici molto impegnativi, i sottotenenti di vascello hanno concluso con esito positivo lo Young Officers Course, uno tra i corsi di fanteria più duri al mondo che impone il raggiungimento di eccezionali standard psicofisici, rimasti invariati dalla seconda guerra mondiale, e porta i giovani frequentatori a consolidare le doti di leadership indispensabili per comandare un’unità di fanteria di marina, in aree di operazione ostili, attraverso l’inserzione con mezzi speciali, terrestri, da sbarco ed elicotteri. Dopo una dura selezione iniziale presso la Scuola dei Marines inglesi di Lympstone, i due ufficiali, hanno affrontato prove in ogni tipo di ambiente operativo, deserto, montagna, giungla, in severe condizioni climatiche, raggiungendo così la piena dimestichezza nell’impiego di armi ed equipaggiamenti sofisticati e un’approfondita conoscenza delle procedure tecnico-tattiche del combattimento terrestre. Guerra e Rigliano hanno affrontato, insieme a colleghi inglesi, le durissime prove compresa la famigerata 30 Miler che prevede 30 miglia (48,3 km) di crosscountry con 20 kg di equipaggiamento ed arma individuale. Acquisita la qualifica “Commando”, i giovani ufficiali hanno preso parte all’esercitazione NATO “BALTOPS” nel Nord Europa e Mar Baltico, svolgendo per circa un mese un periodo di addestramento congiunto con i Marines statunitensi nella base di Quantico in Virginia (USA), per consolidare il proprio bagaglio professionale e ottenere la qualifica Combat Ready ovvero pronti al combattimento. Nei prossimi giorni i sottotenenti di vascello Guerra e Rigliano faranno rientro in Italia ed entreranno ufficialmente nei ranghi del 1° reggimento San Marco andando così a rendere ancora più prestigioso il reparto d’élite della Marina Militare italiana quale è la Brigata Marina San Marco.

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SALVE A TUTTI CARI LEONI ECCO LA STORIA DI UN EROE A 4 ZAMPE CHE SECONDO NOI FANTI DEL SAN MARCO MERITA MENZIONE, CHE HA FATTO LA DIFFERENZA ANCHE RISPETTO AI SUOI SIMILI, L'EROE DEL GIORNO E': L'AMATISSIMO "BANDITO", CANE D'ASSALTO CHE TUTTI NOI ABBIAMO  AMMIRATO E AMATO CHE DIFFICILMENTE POTREMO DIMENTICARE.




La sua tomba è ancora lì nel fossato appena entrate guardate in alto a destra prima del ponticello e lo trovate.

    Per  Voi .... Leoni degli anni 80 ma anche per quelli più vecchi, la storia di Bandito “Cane d’assalto del San Marco” Testimonianza con appunti di Capo Raffaele Fiore
Tutto comincia nel 1970 a bordo  della petroliera“Stoccolm” ormeggiata Venezia quando da una lupa Tedesca e un cane da slitta Norvegese nascono 5 cuccioli e non potevano tenerli a bordo. 
In quel periodo a Venezia c'era la nostra Motosilurante 474 ed il nostromo ne aveva accettato uno.
L’anno successivo (1971) la Motosilurante fece ritorno a brindisi con il cane a bordo.
Il nome Bandito gli fu dato perche già da cucciolo era combattivo e padrone dell’unita e come tale si comportava non facendo passare personale estraneo.
Nel 1973 iniziò per caso ad imbarcarsi con i Marò del San Marco sulle M.T.M. ed M.T.P. per l’addestramento allo sbarco e da allora lasciò la Motosilurante ed iniziò la nuova vita da Cane da Sbarco e d’Assalto.
Quando all’apertura del portellone i Marò gridavano “San Marco” lui era il primo a saltare in acqua con una rapidità fulminea.
Ogni mattina aspettava vicino agli automezzi per imbarcare con i suoi Marò e appena  saltava a bordo si sistemava sul cassone vicino alla sponda come fosse il “capo cassone”.
In una circostanza fece per allontanare un gatto dalla cucina inseguendolo verso il fossato ma il gatto deviò velocemente e lui per eccesso di velocità non ci riuscì e precipitò nel fossato (non sul telone del mezzo come gli era successo mesi prima) ma sull’asfalto fratturandosi le zampe anteriori che furono ingessate dal veterinario con una colletta dei Marò, gesso che lui tenne per poco strappandolo con i denti.
Altro episodio nella primavera del 1975 bandito uscì con la Cp. Assalto per Manduria  durante l’esercitazione si allontanò ed il Reparto tornò senza di lui che però fece rientro dopo 2 giorni.
Più importante quando salì sul camion con Capo Picci che doveva andare a Bari per ritirate del materiale e durante le operazioni di carico bandito sparì ed il mezzo fece ritorno senza di lui. Tornò a brindisi dopo 3 giorni con le zampe tutte insanguinate e smagrito, si presentò davanti alla cucina ed il Maestro Adamo lo rifocillò con alcune bistecche e quando fu sazio andò a riposarsi nel fossato per un giorno intero. 
Per inciso... Bandito era orbo all’occhio destro avendolo perso mentre cercava una SRCM inesplosa che esplodendo gli provocò i danno.
La sua tragica morte….
Bandito usciva spesso da solo ed una sera di metà luglio 1981 si era recato a Brancasi, deposito mezzi del San Marco, mentre usciva sulla SS 16 per fare rientro alla base venne abbagliato e fu investito da una macchina guidata dal Cap. Gerry che faceva servizio nella Base Usa lì vicino e che rimase molto afflitto per l’accaduto. Riportò gravi lesioni al bacino, alla colonna vertebrale e forse anche lesioni interne. Per più di tre giorni non smise di guaire per la troppa sofferenza e considerata la impossibilita di guarigione con l’aiuto del Dott. Lacomba e del C°Inf. Scigliano fu soppresso con una iniezione e bandito smise di vivere, quasi consapevole, fra le braccia di Capo Fiore che fece una nicchia nel fossato e lo depose lì dove tuttora  riposa.




....Dal racconto dettagliato di Capo: Vincenzo Cairo:



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DA KABUL A KHARTOUM UN GENERALE INCURSORE ALLA REGIA DELLE OPERAZIONI DI EVACUAZIONE - GENERALE DI BRIGATA GIUSEPPE FARAGLIA. - "Col Moschin".




A distanza di due anni dai fatti di Kabul, sempre in sordina, lontano dai riflettori, ha condotto la regia di tutta l'evacuazione dei connazionali da Khartoum in Sudan. È il Generale di Brigata Giuseppe Faraglia, comandante dell'ITA-JFHQ del Comando Operativo di Vertice Interforze, incursore con una carriera spesa interamente sul campo, rivestendo tutti gli incarichi possibili - comando di Battaglione e Reggimento compresi - nei ranghi del 9° Rgt. d'Assalto "Col Moschin". Già Addetto Militare presso l'Ambasciata d'Italia a Kabul, e responsabile di tutte le Forze Speciali NATO/ISAF sempre in Afghanistan, è decorato al Valor Militare per i fatti avvenuti Mogadiscio nel corso dei combattimenti al Check Point "Pasta". Nel suo attuale incarico presso il JFHQ del COVI, ha gestito tutta la fase di preparazione, attuazione e coordinamento delle Unità operative impegnate nella NEO (Non Combatant Evacuation Operation) in Sudan, coordinandosi tra l'altro con l'AISE, impegnata anch'essa con i suoi uomini a gestire le delicatissime fasi dell'esfiltrazione dei nostri connazionali.


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Comandante "ALFA" dei Carabinieri


Il Comandante Alfa è un ex Carabiniere paracadutista che con sacrificio e impegno ha speso gran parte della propria esistenza al servizio delle cosiddette Teste di cuoio. Soprannominato il Cigno, nel 1977 abbandonò la carriera di semplice Carabiniere per entrare a far parte di un corpo speciale: nella primavera dell'anno successivo, infatti, insieme ad altri colleghi fondò il GIS, il Gruppo di Intervento Speciale dell'Arma dei Carabinieri.


LA STORIA DEL COMANDANTE ALFA, CO- FONDATORE DEI GIS.

È una soleggiata mattina di primavera del 1977 quando il carabiniere paracadutista che tutti chiamano il Cigno, 26 anni, viene convocato nell’ufficio del suo colonnello
QUALCOSA DI MOLTO IMPORTANTE STA PER SUCCEDERE, QUALCOSA CHE CAMBIERÀ PER SEMPRE LA SUA VITA.
Il colonnello comunica a lui e ad altri quattro compagni che entreranno a far parte di un nuovo reparto di élite. In quel momento nasce il Gruppo di Intervento Speciale dell’Arma dei Carabinieri.
Il reparto, più conosciuto con l’acronimo GIS, circondato allora come oggi dalla più assoluta segretezza, diventa la punta di lancia dell’Arma dei Carabinieri per missioni ad alto rischio, contro il terrorismo, liberazioni ostaggi, cattura dei più pericolosi criminali, in azioni in Italia e all’estero. Ribattezzato dai suoi uomini “Comandante Alfa” diventa un militare obbligato ad indossare il mefisto nero, che crede decisamente nella lotta per la libertà e la democrazia al servizio delle istituzioni. Una vita straordinaria la sua, vissuta nell’ombra e sconosciuta ai più, e per questo incredibile. Un curriculum di tutto rispetto, che va dalle operazioni sia sul teatro medio-orientale che sul territorio nazionale con le missioni più delicate e rischiose della storia d’Italia degli ultimi decenni. Grazie alla inestimabile esperienza diviene istruttore all’interno del G.I.S. ed è oggi una garanzia in termini di formazione alla sicurezza destinata a selezionati professionisti di alto profilo.
Il “Comandante Alfa” ha alle sue spalle ha un curriculum militare impressionante, che lo ha portato ad essere il carabiniere più decorato d’Italia:
• Medaglia Mauriziana al Merito di dieci lustri di carriera militare;
• Medaglia Afghana Loya Jirga consegnata dal presidente Hamid Karzai per l’Operazione Corona;
• Croce Commemorativa per l’Attività di soccorso internazionale in Iraq;
• Croce Commemorativa per il Mantenimento della pace in Afghanistan.
Ha ricevuto elogi militari per le sue varie missioni, tra cui:
• Kabul (Afghanistan)
• Missione IFOR e Missione SFOR Mostar (Bosnia Erzegovina)
• Missione Antica Babilonia Nassiriya (Iraq)
• Missione NTM – I Baghdad (Iraq).
Numerosi i suoi riconoscimenti istituzionali:
• Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia (la più alta onorificenza militare italiana)
• Croce d’Oro al merito dell’Arma dei Carabinieri
• Commendatore dell’ Ordine al Merito della Repubblica italiana
• Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana
• Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana

La sua identità è segreta, ma lui stesso ha deciso di raccontare la sua “vita nell’ombra” in tre libri autobiografici: “Cuore di rondine”, “Io vivo nell’ombra” e “Missioni segrete”, dove narra della sua missione dura, rischiosa ma appagante, che vede l’uomo con la sua vita privata, le sue paure e la sua caparbietà per superarle, ripercorrendo diversi episodi vissuti nella sua lunga carriera nel Reparto d’Elite di cui è stato Co-Fondatore.



22 febbraio 2023

Come entrare nell Brigata Marina San Marco


Ecco come fare per entrare a far parte della
Brigata San Marco della Marina Militare.


    Il Battaglione San Marco è uno dei reparti della Marina Militare che maggiormente sembra attirare l'attenzione dei giovani che vogliono arruolarsi in questa Forza Armata. Per questo motivo abbiamo deciso di dedicare ad esso un intero articolo, così da fornire tutte le informazioni su come entrare nel Battaglione San Marco, su quali sono i requisiti e quali le prove da affrontare per entrare a far parte di questo reparto.

  Il Battaglione San Marco
    Il Battaglione San Marco (1° Reggimento San Marco) è un'unità militare di fanteria di marina in forza alla Marina Militare italiana, istituita ufficialmente nel 1919. Dal 1° marzo 2013 la forza da sbarco della Marina Militare ha assunto la denominazione di Brigata Marina San Marco, e il reggimento è divenuto il 1° Reggimento San Marco. Nel corso dei decenni gli uomini del San Marco, detti "marò" (dall'abbreviazione burocratica scritta "mar.o" per marinaio), sono stati di volta in volta organizzati come battaglione, reggimento o brigata.
    Il Battaglione San Marco è dal 1991 stanziato a Brindisi in una caserma intitolata a Ermanno Carlotto. Il reggimento svolge numerosi compiti e funzioni all'interno della Marina Militare e, proprio in virtù della molteplicità di competenze, è in grado di operare con autonomia in combattimento, sia in missioni di combattimento che nelle moderne missioni di peacekeeping. Il Battaglione San Marco ammonta complessivamente a circa 3.800 marinai ed è suddiviso su tre battaglioni:

- Battaglione "Grado" - reparto d'assalto
1ª compagnia Bafile
2ª compagnia Tobruk
Compagnia armi di supporto
- Battaglione Venezia - reparto d'assalto
3ª compagnia An Nassiriya
4ª compagnia Monfalcone
Compagnia armi di supporto

- Battaglione Combat Service Support “Golametto” - sovrintende alla logistica di aderenza, fornendo “in prima linea” supporto logistico, trasporti e sanità, su tre compagnie
    Nel 2015 vi è stata un'ulteriore ristrutturazione del Battaglione San Marco che ha portato alla soppressione del battaglione Combat support e alla nascita del secondo reparto d'assalto, il Venezia. La Brigata Marina San Marco è retta da un ammiraglio, che dipende direttamente dal Comandante in capo della squadra navale. Questa è inquadrata nell'unità anfibia interforze Forza di proiezione dal mare, il cui comandante è lo stesso ammiraglio comandante della Brigata Marina San Marco.

Come entrare nel Battaglione San Marco
    Dopo aver visto la struttura del Battaglione San Marco e i compiti affidati a questa un'unità militare di fanteria di marina in forza alla Marina Militare italiana, andiamo ad approfondire il discorso in merito all'entrare in questo reparto. Andiamo, quindi, a rispondere alla domanda che ci è stata posta da molti nostri lettori, ovvero: come entrare nel Battaglione San Marco?
    Innanzitutto, dobbiamo dire che gli operativi del Battaglione San Marco sono scelti tra i VFP4 o gli studenti della Scuola Sottufficiali della Marina Militare di Taranto. Questo vuol dire che per entrare nel Battaglione San Marco è necessario essere o VFP4 o aver partecipato e vinto il Concorso per diventare Maresciallo della Marina Militare. Naturalmente, sia per essere VFP4, sia per essere Maresciallo, è necessario partecipare a dei Concorsi di Selezione.
    Al primo, quello che permette di diventare VFP4, possono accedere soltanto coloro che sono stati Volontari in Ferma Prefissata per un anno (VFP1) oppure chi ricopre tale qualifica da almeno 9 mesi (talvolta anche 6 mesi), che rispondono a determinati requisiti, che potete consultare alla relativa scheda requisiti. Al secondo, invece, ovvero quello che permette di diventare Maresciallo, possono partecipare i cittadini italiani di entrambi i sessi che, alla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande, hanno compiuto il 17° anno di età e non hanno compiuto il 26° anno di età e che hanno conseguito o sono in grado di conseguire al termine dell’anno scolastico un diploma di istruzione secondaria di secondo grado di durata quinquennale, così come abbiamo riportato nella nostra Scheda Requisiti Concorso Marescialli Marina.
    Anche gli Ufficiali possono far richiesta di essere inviati nel Battaglione San Marco. Al 4° anno di Accademia, infatti, gli Allievi ritenuti idonei possono essere trasferiti a Brindisi dove andranno ad ultimare la loro formazione culturale e militare, prendendo la qualificazione anfibia.

Battaglione San Marco addestramento
    Essendo un'unità molto specializzata, gli operativi del Battaglione San Marco devono affrontare un addestramento molto duro che consta di vari step.
    Dopo un periodo di incorporamento di due settimane, vi è un primo corso di 4/5 settimane per la selezione degli idonei, che vengono inviati alla caserma Carlotto di Brindisi per il corso gestito dal Battaglione Scuole Caorle. L'addestramento prevede una prima fase di otto settimane per l'addestramento fisico, e una seconda di 12 settimane che comprende i corsi tecnici. In questa seconda fase le reclute vengono addestrate alle varie attività peculiari tra cui: attività di condizionamento fisico ed arti marziali, periodi di lezione e conferenze, addestramento anfibio, esercitazione elicotteristica e su parete rocciosa, impiego di armi individuali e di reparto in dotazione alla Forza da Sbarco, combattimento terrestre diurno e notturno, topografia, dottrina anfibia, attività anti-NBC e altre esercitazioni complesse. Durante l'addestramento i selezionati ricevono varie specializzazioni come mortaista, missilista, assaltatore e pioniere. Gli idonei, prima di poter essere impiegati in operazioni effettive del Battaglione San Marco, devono partecipare a due esercitazioni su scala nazionale o NATO.
Come abbiamo detto sopra, anche gli Ufficiali possono entrare nel Battaglione San Marco. Gli Ufficiali sono reclutati dai Corsi Normali e Speciali del corpo di stato maggiore dell'Accademia Navale: per i Ruoli Normali si chiede al 4° anno di voler prendere la qualificazione anfibia. Terminati gli studi in Accademia, previa visita medica (che si ricorda, fanno anche i volontari e i sottufficiali), si viene inviati a Brindisi per un anno ultimando la preparazione per un ulteriore anno negli USA, a Quantico Marines Base, in Virginia, con i Marines degli Stati Uniti ed i Royal Marines inglesi. In assoluto, l'addestramento degli Ufficiali e dei Sottufficiali, in Italia e negli USA, è uno dei più duri tra le forze convenzionali delle Forze Armate italiane, insieme a quelli delle altre Unità di Coronamento per Operazioni Speciali (COS - TIER 3).

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In questo video vediamo Marco Tomasin giovane esuberante e quotato Youtuber provare il Test della Brigata Marina San Marco




Questi video sono da esempio e di riferimento per coloro che volessero intraprendere in futuro la dura vita del "Fante di Marina" della Brigata Marina San Marco.












Quelli del 2°/57


Quelli del 2°/57



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Questo video lo dedico a tutti i miei frà del 2°/57
affinchè resti memoria dei momenti vissuti insieme.



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Capo Teulada - Sardegna fine anni 70
Esercitazioni del Battaglione San Marco









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Fotografie addestramento Ex Daon Patrol anno 1978 del del 2°/57 fornite dal mio carissimo frà Marco Rimoldi.




















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Monopoli:06/11/2023
VIDEO Celebrazioni della giornata dell'Unità Nazionale 



Clicca sull'Immagine qui in alto per vedere il filmato integrale trasmesso sul TG La7 - In primo piano  a destra il nostro valoroso Frà Assaltatore Antonio Giannoccaro del 2/57 insieme ad altri Leoni del Battaglione San Marco - "Onori imperituri" - Per Mare...per Terram!! - Sempre San Marco!!





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Un valoroso leone del Battaglione San Marco ha piegato le ali verso i "Campi Elisi".
Il nostro valoroso "Giovanni Parisi" ci ha lasciati; i tuoi frà del 2°/57 abbracciano te e la tua famiglia. Riposa in Pace Fratello.




Ciao papà. Oggi sono qui per dirti addio, anche se so che la tua presenza sarà sempre con noi nei nostri cuori. È stato un onore e un privilegio chiamarti mio padre, e sarai per sempre il mio punto di riferimento e la mia guida nella vita.
Mi mancheranno i tuoi sorrisi, i tuoi abbracci il tuo umorismo la tua immensa fiducia che ponevi in ogni mia scelta le parole sagge che mi hai donato nel corso degli anni. Sei stato il mio mentore, il mio insegnante e il mio guerriero il mio leone del battaglione san marco 2º/57. Hai condiviso con me la tua conoscenza, la tua passione e il tuo impegno, e grazie a te ho trovato la mia strada. Ricorderò con amore i momenti speciali che abbiamo condiviso insieme, i tuoi consigli preziosi e il tuo sostegno incondizionato. Sei stato un padre straordinario, e il tuo amore per la famiglia è stato un faro luminoso che ha illuminato le nostre vite.
Anche se il dolore della tua assenza è grande, so che desideri che continuiamo a vivere con gioia, a inseguire i nostri sogni e a onorare la tua memoria. Prometto che farò del mio meglio per seguire i tuoi passi, per essere coraggioso, compassionevole e per amare incondizionatamente, proprio come hai fatto tu.
Ora lascio andare il tuo corpo, ma il tuo spirito rimarrà sempre con me. Ti porterò nel mio cuore e prenderò conforto sapendo che sei in un posto migliore, libero dal dolore e in pace.
Addio, papà. Sarai per sempre amato e mancherai più di quanto le parole possano esprimere.
Con amore eterno, Tuo figlio “Filippo”.


Un abbraccio particolare per queste parole struggenti del figlio Filippo, la redazione del Blog dei Leoni: www.battaglionesanmarco.blogspot.com ringrazia Filippo e saluta il Frà Giovanni. Un abbraccio per sempre dal tuo Frà Egidio Antonio Arrighini.



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Queste foto le dedico ai miei Frà del  2°/57 - anno 1978/79

Chi eravamo?! - Eravamo un centinaio di " Ragazzi " che formavano la II^ Compagnia d'Assalto del Glorioso Battaglione San Marco, punta di Diamante della III^ Divisione Navale, divisi tra mortaisti, assaltatori, radiotelefonisti, pionieri e altro. Cercheremo insieme di ricostruirla componendo i vari plotoni. Doveroso citare il Comandante del Battaglione in quel tempo Giorgio Meriggi subentrato al Gen. Nicola Signore , il suo Vice CF Liborio e chi comandava la nostra Compagnia il TV Francesco Paolo Tarantino.


A sinistra io Arrighini e Stranieri - A lato, in cima alla torre sempre sempre io - A destra Carrieri
in basso a sinistra Stranieri-  A destra Marco Rimoldi - 2°/57
 
Aldo Placì - 2°/57 -Con Bandito


Io con Aldo Placì - In alto Aldo con "Bandito" il cane "mito" del Battaglione



Egidio Antonio Arrighini e Stranieri - 2°/57




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Eros Bellan - 2°/57



Eros Bellan - 2°/57



Eros Bellan - 2°/57



Antonio Giannoccaro - 2°/57 - (In attesa di altre foto inserisco questa)



Contingente - 2°/57



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Rimpatriata - 2°/57